BATTAGLIE ANTIABORTISTE E LEGGI DEGLI STATI UNITI
Riguardo all'intenzione di Obama di abolire l'obiezione di coscienza dei medici sull'aborto, le sarei grato se potesse chiarire i miei dubbi. La legislazione sull'aborto non è affidata ai singoli Stati? E di conseguenza non è ad ogni singolo Stato che competerebbe un'eventuale decisione di abolire la possibilità di ricorrere all'obiezione di coscienza? Se, come mi sembra di capire, il governo federale è in grado di influire comunque su queste materie, con quali strumenti giuridici si può muovere? Qual è, a prescindere dalle intenzioni del presidente, la situazione attuale sul problema della obiezione di coscienza?
Alberto Hermanin, hermanin@eprcomunicazione.it
Caro
Hermanin, alla sua domanda - se la competenza legislativa sull'aborto
rientri fra quelle degli Stati della Federazione americana-la risposta
è al tempo stesso: sì e no. Era interamente competenza degli Stati sino
al 22 gennaio 1973 quando la Corte Suprema degli Stati Uniti, nel caso
Roe contro Wade, fu chiamata a giudicare l'appello di una donna texana
che aveva cercato di sfidare la legislazione antiabortista dello Stato
di cui era residente. Con una clamorosa decisione a maggioranza (7 a
2), la Corte decise che il Texas non poteva privare la donna (Norma L.
McCorvey, nota nel caso come Jane Roe) del diritto di regolare
liberamente la propria maternità. Da quel momento, quindi, l'aborto
smise di essere una facoltà consentita dalla legge, come era da poco
tempo nelle Hawaii e nello Stato di New York, per diventare un diritto
costituzionale. La Corte sostenne altresì che occorreva tenere conto
delle potenzialità di vita del feto e individuò, nel periodo della
gravidanza, tre fasi: il primo trimestre, durante il quale la donna,
d'intesa con il suo medico, era libera di interrompere la maternità; il
secondo, per cui gli Stati, tenendo conto della salute della donna,
avrebbero avuto il diritto di legiferare; e il terzo durante il quale,
pur continuando a tenere conto della salute della donna, avrebbero
avuto il diritto di proteggere il feto. Esiste quindi dal 1973, negli
Stati Uniti, una sorta di condominio legale. L'aborto è un diritto
costituzionale, tutelato dalla Corte Suprema, ma vi sono spazi vuoti
che gli Stati possono occupare con le loro leggi. Sollecitati dai
movimenti anti-abortisti, alcuni Stati (grosso modo trenta) lo hanno
fatto con norme che rendono l'aborto molto complicato. Secondo un lungo
articolo di Dorothy Samuels apparso il 29 novembre 2005 nel settimanale
del New York Times, i "blocchi stradali" legislativi e amministrativi
disseminati dai singoli Stati sulla strada dell'aborto sono numerosi.
Gli ospedali vengono privati dei medici specialisti e delle
attrezzature necessarie. I regolamenti di sicurezza sono complicati e
onerosi. La pausa di riflessione imposta dalla legge è particolarmente
lunga e prevede almeno due colloqui. È necessario che i genitori
vengano informati e diano il loro consenso. L'uso dei fondi pubblici,
per le categorie sociali coperte dal programma Medicaid, è limitato. E
le polizze d'assicurazione, là dove lo Stato ha il diritto di influire
sul loro contenuto, tendono a escludere l'aborto dalla lista dei casi
per cui è prevista una copertura finanziaria. Gli anti-abortisti,
d'altro canto, sono scesi in campo con diverse proposte di legge.
Vorrebbero che l'embrione fosse riconosciuto persona sin dal momento
del concepimento. Vorrebbero che il diritto di regolare la materia
venisse interamente riservato agli Stati. Vorrebbero proibire l'uso di
fondi federali per istituzioni e associazioni che considerano l'aborto
una indispensabile componente della programmazione familiare. E hanno
salutato con compiacimento la nomina alla Corte Suprema, quattro anni
fa, di Samuel Anthony Alito jr., un magistrato di origine italiana e
tendenze conservatrici. Resta da vedere, tuttavia, se la Corte Suprema,
nonostante le nomine disposte da George W. Bush durante il suo doppio
mandato, sia pronta a revocare la decisione del 1973. La maggioranza
degli americani, a giudicare dai sondaggi, sarebbe ancora favorevole
all'aborto. Sull'obiezione di coscienza, caro Hermanin, non sono in
grado di rispondere. Non so come il presidente possa vietarla e credo
che la Corte Suprema, se fosse chiamata a deliberare su questa materia,
riconoscerebbe agli obiettori lo stesso diritto che fu riconosciuto
alle donne nel 1973.
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